Aldilà
dei vari luoghi comuni, il diventare padre assume contorni inaspettati. I
confronti avuti con i vecchi e neo genitori avevano affrescato le
pareti del mio cervello con multiple visioni fantascientifiche,
insonnia, vite stravolte, vedrai cosa vuol dire, i figli so piezz e cor,
l’unica ragione di vita, insomma un pot-pourri dai profumi agrodolci.
Nel rispetto delle mie odissee trasformiste ho notato una mutazione
profonda nei rapporti con il tempo, che mutevole quanto inaspettato ha
cessato quel suo susseguirsi incessante. Sicuramente percezioni e
profumi di primo pelo che avranno modo di evolversi o regredire, però
quando le nostre visioni sono incastonate e all’improvviso si sciolgono
come neve al sole lasciando intravedere i nuovi germogli, ti fermi un
attimo, e quel fermarsi sembra reale, tangibile, non una fantasia, non
filosofia spicciola. Non vi è in me la percezione di un nuovo stato, ne quantomeno una
consapevolezza di ciò che si è verificato, quindi rimango basito,
incredulo di questa mia apparente noncuranza e procedo con il pilota
automatico verso una direzione che non conosco. Ora
godo di questa fase estatica, ripongo il tempo sul comodino, un po’
come sto facendo per il vissuto quotidiano, consapevole della sua
esistenza, ma isolato dal contesto. Forse
sarà una delle tante nuove fasi, una pietra filosofale sopita, nascosta
e sfuggente, con il tutto che avvolge le nostre vite le sensazioni che
ora mi accompagnano mi fanno trascendere. Per esser chiari non ho alcuna
intenzione di trasformare il nulla in oro, anche perché non
avrebbe alcun valore.