giovedì 24 ottobre 2013

Sulla punta delle dita

Aldilà dei vari luoghi comuni, il diventare padre assume contorni inaspettati. I confronti avuti con i vecchi e neo genitori avevano affrescato le pareti del mio cervello con multiple visioni fantascientifiche, insonnia, vite stravolte, vedrai cosa vuol dire, i figli so piezz e cor, l’unica ragione di vita, insomma un pot-pourri dai profumi agrodolci. Nel rispetto delle mie odissee trasformiste ho notato una mutazione profonda nei rapporti con il tempo, che mutevole quanto inaspettato ha cessato quel suo susseguirsi incessante. Sicuramente percezioni e profumi di primo pelo che avranno modo di evolversi o regredire, però quando le nostre visioni sono incastonate e all’improvviso si sciolgono come neve al sole lasciando intravedere i nuovi germogli, ti fermi un attimo, e quel fermarsi sembra reale, tangibile, non una fantasia, non filosofia spicciola. Non vi è in me la percezione di un nuovo stato, ne quantomeno  una consapevolezza di ciò che si è verificato, quindi rimango basito, incredulo di questa mia apparente noncuranza e procedo con il pilota automatico verso una direzione che non conosco. Ora godo di questa fase estatica, ripongo il tempo sul comodino, un po’ come sto facendo per il vissuto quotidiano, consapevole della sua esistenza, ma isolato dal contesto. Forse sarà una delle tante nuove fasi, una pietra filosofale sopita, nascosta e sfuggente, con il tutto che avvolge le nostre vite le sensazioni che ora mi accompagnano mi fanno trascendere. Per esser chiari non ho alcuna intenzione di trasformare il nulla in oro, anche perché non avrebbe alcun valore.